venerdì 21 ottobre 2011


exoforia (2009, 2011 ris.)


recito piano la riga dov'è squarciata pensando alla carta

che si rompe se gira, e gira, e gira, e gira ancora, se strizzando,

se le mani degli altri non ci fanno caso, se capita un altro

problema agli occhi, se vedi che strizzando la voce si perde

contatto, tramite col mondo, con gli occhi riposti e chiusi,

con il testo che non si è fatto ancora vedere, con chi ascolta

che è ancora lì, mentre circola la noia, non è chiaro l'intreccio

che fa a pugni con l'esterno, e se così, parlando, si allude

a qualcos'altro, a un paradosso, magari, se stiamo parlando

puoi vedere come tutto gira, se gira ancora, e gira, ci costringe

ad indossare occhiali, a lasciarli fluttuare su sfondi più chiari,

se la vista gira e vuole convergenza, se dicendo piano la riga

o il verso appena ricomposto, con la vista che rigira le cose,

se gira e gira e finisco ad aver paura dei gesti con cui rovescio

sempre tutto, del mio non saper mettere insieme ciò che prima

ho trovato capovolto, con la testa sott'acqua, il testo annegato

e il suono come di corpi che risalgono in superficie, se strozzando

l'accesso della voce farei del vizio una cosa che non si redime,

che se può gira assieme alla visione, oltre il corpo imbevuto, gira

ancora e si rompe, guarda verso il centro dello sbrego, mentre

il detto si attacca sulle palpebre e se gira non può cominciare


Nessun commento:

Posta un commento